L'Italia riparta dalla lotta all'evasione PDF Stampa E-mail
di Tito Boeri (La Repubblica)   
giovedì 13 maggio 2010


Abbiamo solo guadagnato un po´ di tempo. Ciò che ha tranquillizzato i mercati è stata la scelta della Bce di comprare i titoli di stato di Spagna e Portogallo, il Fondo di salvataggio europeo è solo uno spauracchio da agitare contro chi investe sul rischio di default, anche perché, dopotutto usa debito pubblico per ridurre altro debito pubblico.
Come in un´operazione finanziaria ben congegnata, la mossa congiunta decisa nel fine settimana ha invertito il sentimento del mercato. Ma quanto durerà l´effetto? E cosa escogiteremo la prossima volta? Dunque bisogna ora affrontare non solo l´emergenza, ma il cuore del problema, che è fiscale e non monetario, attiene all´economia reale e non alla finanza.
Non c´è tempo da perdere. La Spagna ha cominciato da ieri ad attuare piani di stabilizzazione del debito, riducendo del 5 per cento i salari pubblici. Anche noi dobbiamo al più presto varare un piano realistico di rientro del debito e compiere primi passi concreti in questa direzione. Altrimenti, il divario fra i rendimenti dei nostri titoli di stato e quello dei Bund tedeschi tornerà ad allargarsi, rendendo ancora più pesante l´aggiustamento fiscale. I mercati hanno mostrato di non credere in queste settimane che i titoli di stato greci ed italiani abbiano la "stessa faccia, stessa razza", ma stanno assegnando lo stesso grado di rischio ai titoli spagnoli e ai nostri.
L´Italia, a differenza di altri paesi, può permettersi di aumentare il gettito senza dover aumentare le tasse, facendo emergere l´economia sommersa e il lavoro nero. È un vantaggio importante perché permette di aggiustare i conti pubblici senza colpire i settori più dinamici e più sani dell´economia. Servirà anche per rendere socialmente più accettabili i tagli alla spesa pubblica e i cambiamenti nella sua composizione che si renderanno inevitabili nella riduzione del debito.

Non bastano gli annunci. Ci vogliono atti concreti che diano un forte segnale di discontinuità. Questo Governo sin qui ha varato l´operazione scudo fiscale, facendo un regalo agli evasori, e abbassato pericolosamente la guardia riducendo i controlli contro l´evasione fiscale e contributiva. Un esempio? Durante la passata legislatura gli Ispettorati del Lavoro erano stati potenziati, con l´assunzione di quasi 1500 ispettori. Tuttavia nel 2009 il numero di controlli sui posti di lavoro si è ridotto del 7%, come ammesso dal ministro Sacconi nella sua audizione alla Camera il 29 aprile scorso. Il risultato è che nel 2009 il lavoro irregolare, quello che non paga tasse e contributi sociali, è ulteriormente aumentato secondo l´Istat, sorprendentemente anche nell´industria dove era fortemente calato negli anni precedenti.

La lotta al lavoro nero non può comunque essere condotta unicamente con l´arma delle ispezioni. Ci sono almeno altri quattro terreni su cui operare. Il primo è quello dell´alleggerimento della pressione fiscale sul lavoro spostando il prelievo dal lavoro alle rendite o alla tassazione indiretta. Quella riforma fiscale sempre annunciata e mai varata potrebbe essere di grande aiuto nel contrastare il lavoro nero. Il Governo continua a prendere tempo sostenendo che la riforma va rimandata a quando torneremo a crescere. A noi sembra invece esattamente il contrario: la crisi, compresa quella del debito pubblico, ci impone solo di fare più in fretta nell´alleggerire la pressione fiscale sul lavoro spostando la tassazione altrove. Per muoversi in quella direzione si tassino le rendite finanziarie e si lasci ai Comuni facoltà di decidere sull´Ici, un potente incentivo anche perché rivedano gli estimi catastali aumentando la base imponibile. Non si voleva fare il federalismo? Bene questo è l´unico federalismo fiscale che in questo momento possiamo permetterci.

Il secondo terreno di lotta all´evasione è quello della definizione di minimi retributivi per i lavori che sfuggono alle maglie della contrattazione collettiva.

Una fetta consistente del lavoro irregolare in Italia consiste nella sottodichiarazione delle remunerazioni effettivamente corrisposte, piuttosto che nella mancata dichiarazione di posizioni lavorative. È un "sommerso cappuccino", che accomuna regolare e irregolare, bianco e nero, secondo la tassonomia formulata dall´inutile commissione sul lavoro sommerso per molti anni insediata a Palazzo Chigi.

Un salario minimo orario porrebbe un freno a questa evasione fiscale e contributiva perché impedirebbe di dichiarare salari troppo bassi, come indicato dall´esperienza di altri paesi con forte incidenza del lavoro irregolare, come l´Ungheria.

Il terzo terreno è quello dello sgonfiamento di quel lavoro autonomo che oggi maschera molte attività che sono effettivamente alle dipendenze.  Si tratta di trasformare il lavoro parasubordinato in lavoro anche formalmente alle dipendenze, dove l´evasione fiscale e contributiva è meno marcata.
Questa operazione deve essere compiuta col cesello anziché con l´accetta. Sbagliato, dunque, proibire le collaborazioni a progetto, le associazioni in partecipazione, etc.. Meglio, invece, obbligare il monocommittente che volesse ricorrere a figure contrattuali atipiche a retribuire di più i lavoratori o a trasformare le altre collaborazioni in contratti a tempo indeterminato, come previsto dal disegno di legge Nerozzi depositato in Senato.
La quarta riforma fondamentale anche per contrastare il lavoro nero è quella degli ammortizzatori sociali. Il sommerso è aumentato nel 2009 nell´industria forse anche per attività non dichiarate svolte per integrare i trattamenti di Cassa Integrazione a zero ore.

Leggendo con attenzione l´ultimo Rapporto Annuale dell´Inps, ci si accorge che sono quasi 4 milioni coloro che nel 2009 hanno fruito di un qualche ammortizzatore sociale in Italia. Molti di questi lavoratori integrano il sussidio con lavori che non vengono dichiarati per timore di perdere il contributo dell´Inps. In altri paesi, dove esistono dei sussidi di disoccupazione uguali per tutti, è possibile fare piccoli lavori senza perdere (o senza perdere del tutto) i trattamenti di disoccupazione. È un provvedimento che potremmo adottare anche noi, ma solo dopo quel riordino complessivo degli ammortizzatori sociali che continua ad essere rinviato, mentre con ipocrisia si continua a parlare di "stagione delle riforme".
Si dirà che questa strategia che 1) intensifica i controlli, 2) riduce i margini per l´evasione contributiva e 3) non riduce il gettito, ma si limita a ridurne la concentrazione sul lavoro non è sufficiente a riportare il debito sotto livelli di guardia. Si dirà come sempre che ci vuole ben altro. Vero. Ma partendo da qui si renderà l´aggiustamento fiscale più equo.
E, almeno per una volta il primo passo non consisterà nel colpire i soliti poveracci che pagano sempre, ma al contrario proprio chi sin qui non ha pagato. Servirà non soltanto per rassicurare i mercati e migliorare i conti pubblici, ma anche per ridurre gli incidenti sul lavoro (l´evasione fiscale e contributiva si accompagna spesso alla violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro), a contrastare l´immigrazione clandestina e il caporalato.

 
 
 

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