Credito cooperativo, l'appello di Draghi PDF Stampa E-mail
di Massimo Mucchetti (Il Corriere della Sera)   
lunedì 14 luglio 2008

A conti fatti.

 

La finanza globale e vincente ha sempre considerato le banche di credito cooperativo (Bcc) come una sopravvivenza del solidarismo cattolico ossificata in tanti notabilati di paese. In realtà, il campanilismo, che esiste, non ha impedito la costruzione di una realtà importante. Con 3900 sportelli, le 440 Bcc erogano crediti per 102 miliardi e detengono partecipazioni e titoli per 25 a fronte di depositi e obbligazioni per 110 miliardi e di mezzi patrimoniali per 17. Fossero unite, sarebbero il terzo polo del sistema bancario italiano. Benché pochi l'abbiano notato, proprio a questo mondo Mario Draghi ha dedicato parole impegnative all'assemblea dell'Associazione bancaria italiana. Ha detto il governatore della Banca d'Italia: «In altri Paesi, la cooperazione di credito si avvantaggia di sistemi integrati, volti a superare i limiti della piccola dimensione con la centralizzazione delle attività produttive e di servizio.
Il sistema italiano delle Bcc deve proseguire il proprio impegno nella ricerca di soluzioni organizzative nuove, in grado di assicurare maggiore integrazione ed efficienza della rete, nel rispetto dell'autonomia dei singoli organismi». La moral suasion si indirizza a un mondo che, data la forma proprietaria cooperativa, non persegue la remunerazione del capitale, ma il servizio al socio e al cliente nel quadro di una gestione prudente delle risorse. E che, proprio per questo, potrebbe rompere i giochi in un sistema bancario che, avendo costi, vincoli di rendimento del capitale e fonti di ricavo simili, viene percepito come un cartello non dichiarato nonostante gli sforzi dell'Antitrust e della banca centrale. Sulla carta, le Bcc potrebbero offrire una seconda gamba, più industriale che regolatoria, alla politica della concorrenza. Secondo i dati della Banca d'Italia, il credito cooperativo è un po' meno efficiente (i costi assorbono il 60% dei ricavi contro il 58% del sistema) e guadagna meno di quello capitalistico (l'utile aggregato è pari a 1.485 milioni). Ma questo credito non si «droga » con la finanza e le operazioni straordinarie. Per questo le Bcc sono solide: hanno un patrimonio di vigilanza di 17 miliardi, dei quali 10,8 sono free capital, capitale non impegnato in immobilizzazioni né in crediti dubbi. Le Bcc hanno 14,8 di tier 1 e 15,6 di total tier 1 in un sistema che sta al 7,6 e al 10,4.
Certo, una parte delle riserve garantisce soggetti che, in caso di bisogno, non potrebbero fare aumenti di capitale, ma il resto potrebbe essere meglio utilizzato. Draghi avrà una risposta il 25 luglio con il varo del Fondo di garanzia istituzionale, alimentato dalle Bcc con versamenti legati alla rischiosità dei portafogli misurata dal Fondo medesimo. La liquidità del sistema potrà così sostenere le Bcc più impegnate e gli enti centrali avranno accesso al mercato dei capitali con un rating migliore. Il monitoraggio a opera del Fondo rappresenta una parziale cessione di sovranità. Che potrà portare o a integrazioni ulteriori tipo Crédit Agricole o a una più matura autonomia di Bcc capaci di usare meglio le risorse. E' un primo passo. Poi deciderà il mercato.
 
 
 

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